Piano dell’espressione e piano del contenuto
Alla nota distinzione tra codice e codice-sistema di Umberto Eco, potremmo far corrispondere, con l’intento di circoscrivere il campo e giustificare le scelte di metodo, due approcci allo studio della semiotica della musica che implicano differenti considerazioni sulla possibilità e sulle modalità della musica di significare – in quale modo la musica sia segno o, meglio, quali modalità segniche si ritrovino nel fenomeno musicale – così come sulle differenti pertinenze nell’analisi di un testo. Le analisi neutre si occupano dell’organizzazione autonoma di uno solo dei due piani, quello dell’espressione. Questa organizzazione autonoma è appunto il codice sistema o s-codice. Il criterio di pertinenza adottato da questo tipo di analisi per individuare i tratti in cui può essere scomposto il testo, non si appoggia sul piano del contenuto e sulle funzioni d’uso contratte dal testo stesso. Le analisi che invece si occupano del s-codice sul piano del contenuto sono state fino ad oggi di competenza della psicologia e della sociologia teorica e non vengono qui prese in considerazione. Prima di occuparci delle definizioni del legame tra i due piani, vorremmo introdurre il concetto di senso, inteso qui come l’insieme di relazioni che una unità intrattiene con le altre unità all’interno di un sistema. Ne segue che il senso in musica si appoggia sulle funzioni sintattiche contratte dalle parti di una catena e si determina dallo scarto che può verificarsi rispetto alla funzione che ‘prevedibilmente’ la parte avrebbe dovuto contrarre. Questo tipo di relazione tra le parti sembra avere, con modalità e caratteristiche particolari, un certo valore prognostico. Se non possiamo, in effetti, dire che da un antecedente si inferisce il conseguente, poiché non si riscontrano casi di vera e propria rezione, il linguaggio musicale mostra però di appoggiarsi ad un sistema di attese, culturalmente determinate, che si fondano sulla maggiore o minore probabilità che ad una certa parte della catena ne succeda una certa altra.
Le ricerche sui codici musicali mirano a definire la convenzione che collega il piano dell’espressione al piano del contenuto. Ci proponiamo di verificare la natura del legame che unisce i due piani ed in quali modi e secondo quali punti di vista il legame stesso esista. Ogni volta che cerchiamo nella musica una correlazione segnica, dizionariale o meno, i risultati sono comprensibilmente deludenti. Correlazioni di questo tipo tra i due piani in musica si riscontrano in un ristretto ventaglio di casi riconducibili all’uso della musica come segnale. Un modo per superare il problema potrebbe essere quello di considerare il significato in termini di interpretazione in senso Peirciano: valutare quindi la possibilità per la musica di essere interpretabile – ovvero la possibilità per un significante di essere tradotto con un altro significante, detto l’interpretante del primo, che “ne allarghi la comprensione” (ECO, 1984, p.51) – la condizione sufficiente per parlare di significato musicale. In effetti la musica permette di sostituire un significante con un altro significante, come nel caso di una trasposizione di una melodia in un’altra tonalità o la sua riproposizione con i parametri timbrici mutati. Tuttavia in entrambe le circostanze i rapporti intervallari restano immutati e riscontriamo quella conformità che caratterizza, secondo la classificazione di Hjelmslev, i sistemi monoplanari. Questi sistemi “pur essendo interpretabili come gli altri sistemi semiotici (…) sono caratterizzati dal fatto che (…) l’interpretazione semantica che ne sarà data riprodurrà le stesse articolazioni e potrà essere rappresentata secondo le stesse regole della forma interpretata” (GREIMAS, 1986, p.182)
La difficoltà di correlare un insieme di note al piano del contenuto compromette la possibilità di ritrovare i due livelli di articolazione nel sistema musicale. Infatti, mentre l’individuazione dei tratti distintivi che costituiscono la nota rivela una certa similarità tra lingua naturale e musica, non altrettanto possiamo dire riguardo alla prima articolazione a causa della difficoltà, come già detto, di assegnare alle sequenze una funzione distintiva paragonabile a quella delle parole nella lingua. Ma anche al livello della seconda articolazione si riscontrano alcuni problemi specifici: quelli che sono noti come tratti distintivi della nota, ovvero l’altezza, l’intensità, il timbro, la durata, se verificati a prescindere dal contesto, si comportano, ad eccezione dell’altezza, come delle varianti. Nel caso della lingua, per esempio, i fonemi T e D si distinguono per i tratti in cui sono scomponibili; se il fonema T si scompone nei tratti: dentale, occlusiva, non sonora, e il fonema D in: dentale, occlusiva, sonora, se ne deduce che i tratti distintivi siano: sonora e non sonora. Nel caso della musica, due note DO e RE, assolutamente decontestualizzate, hanno come tratto distintivo l’altezza, ma al mutare degli altri tratti le due note sembrano mantenere la loro identità. Sarebbe il rapporto intervallare a definirle. Evidentemente la questione deve essere posta in altri termini: siccome le note contraggono una funzione all’interno di un contesto, dovremo di volta in volta pertinentizzare alcuni tratti invece di altri secondo il punto di vista adottato. Per esempio, un’analisi che miri ad individuare la sintassi melodica del repertorio dei corali di Bach, considererà pertinenti la durata, la posizione, il grado della nota e non pertinenti altri tratti come il timbro e l’intensità. (cfr. BARONI – JACOBONI 1976) Nella presente nota e in quelle successive, si fa riferimento al repertorio classico e conseguentemente è considerato pertinente il tratto dell’altezza o, più esattamente, il rapporto intervallare che definisce la relazione tra accordi e tra le note di un accordo.
1. Piano dell’espressione e piano del contenuto
2. Processo e sistema
3. Prova di commutazione
4. Combinazione e rezione
5. (Non) conformità
BARONI Mario – JACOBONI, Carlo
1976 Verso una grammatica della melodia, Bologna, Forni
ECO, Umberto
1984 Semiotica e filosofia del linguaggio, Torino, Einaudi
HJELMSLEV, Louis
1968 I fondamenti della teoria del linguaggio, Torino, Einaudi
1985 “La struttura fondamentale del linguaggio” in Versus n.43
GREIMAS, Algirdas Julien
1986 Semiotica – Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, Firenze, La casa Uscher
ZINNA, Alessandro
1985 Introduzione in Versus n.43
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