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Appunti per una Semiotica del Marketing. Il giudizio come deliberazione.

Il giudizio come deliberazione

Il processo commerciale

08/12/2014 Commenti disabilitati su Semiotica della musica. Combinazione e rezione Views: 4133 Testi

Semiotica della musica. Combinazione e rezione

Combinazione e Rezione

Il quarto tratto fondamentale della struttura di base del linguaggio è l’esistenza di relazioni ben definite tra unità linguistiche dette di combinazione e rezione. La combinazione è una relazione tra due variabili, mentre la rezione lo è tra una variante e una costante (in questo caso si dice unilaterale), o tra due costanti (in questo caso si dice reciproca). In musica, combinazione e rezione, in quanto relazioni tra parti della catena di cui si costituisce il processo, assumono un’importanza euristica fondamentale, superiore a quella che Hjelmslev sottolinea nei sistemi passe-partout rispetto agli altri quattro tratti. Abbiamo accennato negli altri capitoli come il senso in musica nasca dallo strutturarsi del materiale sonoro in un processo implicantesi parte dopo parte. Abbiamo cioè visto come in musica si riscontri il trionfo di quella prognostica che fin dagli stoici era stata stabilita come un meccanismo fondamentale della semiosi. Il senso in musica nasce quindi non dall’equivalenza, dalla correlazione tra espressione e contenuto come avviene nei sistemi di segni, ma dalla inferenza, dalla relazione (combinazione e rezione) contratta dalle parti di una catena, dalla realizzazione o non realizzazione di un certo evento prognosticato.

Saranno quindi le relazioni di combinazione e rezione a permettere di spiegare e analizzare il senso di un brano. In musica non esiste vera e propria rezione; non esiste cioè un caso evidente di funzione in cui la presenza di un funtivo è condizione necessaria per la presenza dell’altro come invece succede nelle lingue naturali (per esempio in italiano tra la lettera q e la lettera u). Anche nei s-codici più rigidi come quello seriale, è vero che i dodici suoni compresi nell’ottava si succedono costantemente secondo l’ordine stabilito dalla serie, ma è anche vero che ciascuno di essi al di fuori della serie, in armonia o nelle fasi di passaggio, può comparire senza la necessità di essere preceduto o seguito dal suono adiacente nella serie. Tuttavia ogni s-codice musicale – e noi facciamo riferimento a quello armonico-tonale – si struttura su dipendenze se non in relazione di rezione rigorosa, sicuramente probabilistica. Sulla base di queste considerazioni, la musica, fin dagli anni ’60, è stata avvicinata dalla e alla teoria dell’informazione. La musica è stata così studiata come un processo stocastico di Markov, cioè un processo probabilistico in cui le probabilità dipendono dagli eventi precedenti nella catena, poi tradotto quantitativamente in termini di ridondanza, entropia, informazione, feedback.
Prima di spiegare in quali termini questi due campi così apparentemente lontani abbiano trovato punti di incontro, diamo una breve occhiata ad alcune relazioni che strutturano il sistema armonico-tonale. Al livello melodico esso si struttura su un centro tonale, la Tonica, che oltre a combinarsi con tutti gli altri gradi è implicato necessariamente dal VII grado, ovvero la Sensibile. Al livello armonico l’accordo sul V grado, con la funzione di Dominante, risolve su quello di Tonica costituendo la progressione armonica fondamentale, lo “ur-satz” per dirla con Shenker, di tutta la musica occidentale dal tardo barocco al primo novecento e che ancora oggi vive in una certa popular music; mentre gli accordi di settima, cioè costruiti da quattro suoni a intervalli di terza sovrapposti, devono risolvere su un accordo posto una quinta sotto o una quarta sopra.
A livello delle forme musicali, per esempio all’interno della forma sonata, si riscontra una successione di parti del processo ben strutturata: Esposizione = primo tema (tonalità di base) – ponte modulante – secondo tema (tonalità del V grado superiore) – ritornello; Sviluppo = elaborazione armonica, melodica, ritmica del materiale dell’esposizione; Ripresa =  primo e secondo tema nella tonalità di partenza. In questo senso la forma sonata è interpretabile come processo modale per il quale “l’auditeur est guidé attravers differentes zones modales sur la base de sa competence” (TARASTI, 1983, pag.7) L’elenco potrebbe continuare con una serie di regole grammaticali e formali esplicitate nei manuali di armonia o, come spesso avviene, implicite nella competenza del repertorio. Abbiamo già spiegato (2. Processo e sistema) che il punto focale cui la nostra prospettiva fa riferimento non è il livello melodico, formale o ritmico, ma quello armonico; in particolare adottiamo l’approccio sintagmatico-paradigmatico nell’analisi delle funzioni armoniche, facendo riferimento al concetto di sintagma funzionale per segmentare un brano in parti e studiarne le relazioni. (cfr. 3. Prova di commutazione)

Torniamo adesso alla teoria dell’informazione. Su un testo di alcuni anni fa, dedicato al rapporto tra estetica e teoria dell’informazione, ritroviamo l’intervento ormai storico di L. Meyer, musicologo che prima di altri ha tentato di spiegare il senso della musica in termini di aspettiva e inferenza. Il suo contributo ci da modo di mostrare come, quantificare l’informazione di un brano in base alla formula di Shannon e Weaver, presupponga l’analisi delle combinazioni e delle rezioni su cui un certo testo si struttura. Meyer spiega come, se una situazione si presenta “molto organizzata e i conseguenti possibili di un dato modulo hanno un alto grado di probabilità, l’informazione è bassa; se invece la situazione è caratterizzata da un alto grado di fluidità, per cui i conseguenti sono più o meno equiprobabili, l’informazione si dirà alta” (MEYER, 1957, p.161) Dal passo citato, ricordando che per informazione si intende “la libertà di scelta che si ha nel costruire un messaggio”, si evince che laddove c’è combinazione le aspettative sono meno forti, l’informazione molto alta e l’interesse implicato relativo; dove c’è rezione realizzata e quindi informazione bassa, l’aspettativa è molto forte e the embodied meaning debole; dove la rezione è non realizzata l’informazione è altissima e il tratto in questione altamente “significativo”, cioè interessante, stimolante, “piacevole”. Abbiamo osservato che in musica non esistono casi di rezione come nei linguaggi passe-partout perché ogni s-codice musicale non è mai rigoroso ma ha una sistematicità probabilistica; come ipotizza Ruwet, un brano musicale come pure una poesia generano in un certo senso il proprio codice del quale costituiscono l’unico messaggio. Tuttavia, come già abbiamo fatto descrivendo le funzioni armoniche, è possibile verificare come, al livello di sintagmi funzionali, il ciclo T-SD-D-T acquisisca nel repertorio classico un valore strutturale così forte da permetterci di parlare, sia pure in senso probabilistico, di rezione. Adottando questa prospettiva – prospettiva che isola, lo ripetiamo, il parametro armonico trascurando ciò che avviene ai livelli melodici, ritmici e formali – osserviamo che il sintagma funzionale D è in relazione di rezione unilaterale, cioè implica senza essere necessariamente implicato, con il sintagma T; il sintagma SD implica il sintagma D ma meno rigidamente (basti pensare alla cadenza plagale IV-I); mentre il sintagma T è la costante la cui presenza è condizione necessaria per la presenza degli altri funtivi. Come si vede, la rezione più forte è quella tra i sintagmi D e T, ed è proprio su di essa che vive il procedimento che più di ogni altro arricchisce armonicamente il senso di un brano: la modulazione (cfr. 2. Processo e sistema). Essa infatti ha sempre luogo attraverso un accordo che ha funzione di Dominante e sempre, di conseguenza, all’interno di un sintagma che è, o diventa per la sua presenza, appunto D. Senza entrare nel dettaglio analitico di singole opere, perché non è questo l’obiettivo del presente lavoro, sosteniamo che sia sufficiente l’ascolto di un qualsiasi brano del repertorio classico per verificare sulla partitura che i momenti armonici più stimolanti e significativi, proprio perché ambigui, inaspettati, impronosticabili, sono quelli in cui si verifica la modulazione.

Un sintagma funzionale D che può definirsi emblematico nella musica operistica e sinfonica classica, è quello della cosiddetta “cadenza di bravura”: alla fine di un’aria o di un concerto, il solista, su un accordo di Dominante, aveva modo di improvvisare e mostrare tutta la sua tecnica dando vita ad un sintagma D, la cui lunghezza era discrezionale e in cui la presenza della costante T era assolutamente immancabile. Un altro fatto che vorremmo sottolineare come particolarmente significativo in termini di rezione, è che il sistema armonico-tonale nell’800 si amplierà fino a logorare e superare se stesso, giocando sulla funzione D detta vagante, cioè sospesa, di cui è emblema la successione di accordi di settime diminuite, quinte aumentate, accordi alterati (Tristano-accordi vari), che per la loro particolare costituzione armonica (cfr. 2. Processo e sistema), possono essere interpretati come appartenenti e risolvibili in varie tonalità e che nella loro continua successione, non risolvendo mai, giocano, evocandola e negandola incessantemente, sulla rezione D-T.

In alcuni repertori della popular music ritroviamo una struttura armonica analoga ma con alcune peculiarità. In questi casi, infatti, il ciclo funzionale è sempre rispettato, la struttura dell’intero brano ripetuta con regolarità e la modulazione pressoché assente, tranne talvolta nella sezione B delle canzoni a schema AABA. I due schemi di accordi fondamentali su cui, come spiega L. Faether in Inside Jazz, sono basati circa la metà dei pezzi jazz dalle origini al Be-bop, sono la realizzazione puntuale del ciclo funzionale T-SD-D-T.

Il giro di blues è traducibile nei seguenti sintagmi funzionali:
Giro di Blues - Semiotica della musica - Analisi
Il giro di I Got Rhythm è invece:
I Got Rhythm - Semiotica della musica

Come si vede, in questi ambiti il ciclo funzionale non è mai evitato, disatteso, ma si ripete costantemente per tutta lunghezza del brano.

Tratto da Gianni Cresci e Luciano Menconi, I cinque tratti della struttura fondamentale del linguaggio secondo Hjelmslev. La verifica nel sistema musicale attraverso una prospettiva armonico-funzionale, Università di Bologna, 1988

1. Piano dell’espressione e piano del contenuto
2. Processo e sistema
3. Prova di commutazione
4. Combinazione e rezione
5. (Non) conformità

HJELMSLEV, Louis
1968 I fondamenti della teoria del linguaggio, Torino, Einaudi
1985 “La struttura fondamentale del linguaggio” in Versus n.43

MEYER, Leonard
1957  “Significato in musica e teoria dell’informazione”, in AA.VV Estetica e Teoria dell’informazione, Milano, Bompiani

RUWET, Nicolas
1983 Linguaggio, musica, poesia, Torino, Einaudi

TARASTI, Eero
1983  “Sur les structures elementaires du discors musical”, Actes semiotiques, VI/dec.

ZINNA, Alessandro
1985 Introduzione in Versus n.43

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